Il chicco del grano è costituito principalmente da tre parti:
la crusca, che corrisponde agli strati più esterni,
(in essa si possono distinguere tre strati: pericarpo, tegumento e strato aleuronico che nel cereale raffinato giungono integri sino a noi, mentre nelle varie lavorazioni per ottenere le farine vengono persi.)
l’endosperma, ossia la parte amilacea,
e il germe o parte embrionale.
Il grano è composto per il 60-75% di carboidrati,
per il 12-14% di proteine,
per il 2% di grassi
e per 11,8% di sali minerali,
oltre a molte vitamine e altri elementi importanti.
Il grano duro contiene più proteine di quello tenero, e da vita alle semole e semolati dai granuli grossi con spigoli netti, di colore giallo-ambrato. Utilizzato per la produzione di pasta alimentare e di pane (es. Pane di Altamura).
(estendibilità minore rispetto al tenero ma un’alta tenacità)
Mulini come il nostro esistono per trasformare un piccolo chicco di grano in farina, ecco un semplice elenco dei passaggi più importanti:
Il sistema di molitura più antico è quello a pietra, in cui il chicco viene sfarinato con il passaggio attraverso una coppia di pietre naturali che girano lentamente così da non surriscaldare il prodotto e ottenere farine di notevole pregio, non impoverite di vitamine e proteine.
La qualità della farina dipende dal glutine che contiene: un complesso proteico che si sviluppa quando le due proteine semplici gliadina e glutenina vengono a contatto con l’acqua. Nella fase dell’impasto il glutine forma una sorta di reticolo (maglia glutinica), il cui compito è mantenere all’interno della massa gli amidi e i gas: da qui le bolle di lievitazione e la struttura spugnosa di un pane ben lievitato.
Una maglia glutinica tenace assicura agli impasti una maggiore resistenza alla lavorazione e alla lievitazione; al contrario, una struttura glutinica meno serrata permette all’amido di liberarsi più facilmente.
Dal glutine dipende la struttura di pani e pizze. La forza della farina (indicata nelle etichette dei pacchi di farina a uso professionale con la lettera W) è la quantità di glutine che essa riesce a sviluppare e la sua conseguente capacità di assorbire acqua. Il suo valore è correlato alla ricchezza proteica del grano: maggiori sono le proteine nel chicco, più glutine sarà sviluppato nell’impasto. Il valore della forza si definisce in laboratorio tramite uno strumento chiamato “alveografo di Chopin”, ed è definito come la resistenza alla pressione della farina impastata. Con lo stesso strumento si determinano altri due indici importanti: P, che misura la tenacità, cioè la resistenza della farina impastata allo stiramento; e L che misura l’estensibilità dell’impasto prima della rottura. Sulle confezioni delle farine disponibili in commercio non sempre sono visibili questi parametri, ma si può far fede alla classificazione commerciale in uso che divide le farine in forti, medie e deboli.
Farine di grano tenero
Quando si parla di farina bianca di grano tenero, sorgono subito dei dubbi circa le differenze tra farina di tipo 00 e 0, ancora tra farina di tipo 0, 1 e 2.
Con questi numeri (doppio zero, 0, 1 e 2) non si fa altro che indicare il grado di raffinazione della farina di grano tenero.
Partendo dal tasso di estrazione più alto, fino a quello più basso, ecco le farine risultanti dalle varie fasi della macinazione del grano tenero:
Farine di grano duro
Il grano duro contiene più proteine di quello tenero, circa il 13%, e dalla sua macinazione si ottiene la semola, uno sfarinato con una granulometria più accentuata rispetto a quella della farina di grano tenero, e un caratteristico colore giallo ambrato, che si ripercuote sui prodotti finali. In base al tipo di macinazione si possono ottenere vari tipi di farina, questi sono i più comuni: