15 Giu MULINI AD ACQUA: origine, evoluzione e decadenza
La Scuola media di Santa Vittoria ha pubblicato il lavoro svolto sui beni rurali di Santa Vittoria tra cui il mulino Rastelli, il lavoro è stato svolto con la consulenza del Professor Giannini Enrico.
MULINI AD ACQUA: origine, evoluzione e decadenza
Dall’oscura età arcaica sino alla società preindustriale, l’assicurarsi la farina, da convertire in pane, ha costituito un aspetto primario dell’esistenza umana.
Nel primo secolo a.C., nell’area del Mediterraneo orientale, compaiono i primi mulini ad acqua; è questa un’invenzione di grande rilievo nel panorama del progresso umano, in quanto permette la liberazione dell’uomo dal massacrante lavoro della macinazione manuale mediante lo sfruttamento di un’energia naturale a basso costo.
Anche nell’età moderna il mulino rappresenta no strumento di potere e una proprietà di grande valore, che conclude e premia un anno di duro lavoro nei campi. Esso assume anche un importante ruolo sociale perché favorisce lo scambio di notizie e di conoscenze data la notevole frequentazione; diviene infatti centro di cultura popolare in quanto ci si sofferma a lungo a dialogare in attesa della consegna della farina. Il mugnaio conserva gelosamente astuti espedienti per tranne dalla macinazione i maggiori vantaggi, anche a dano dei clienti. Nel corso del Novecento, la diffusione della macinazione elettrica, determinala graduale e inarrestabile chiusura di queste antiche “macchine dell’acqua” che finiscono nel silenzio e nella dimenticanza; i pochi edifici oggi superstiti si intravedono tra la vegetazione come memorie di una civiltà in parte perduta.
FUNZIONAMENTO DEL MULINO A PALMENTI
E’ il mulino in uso nel Piceno, dal Medioevo al secolo scorso.
L’acqua giunge nel vano seminterrato del complesso mulinatorio da una deviazione del fiume detta vallato, il suo flusso viene guidato da sbarramenti di legno che permettono al mugnaio di regolare la pressione, poi esce dalle “bocche di scarico” e ritorna al fiume d’origine. L’energia cinetica che si determina nell’impianto mette in moto le pale della ruota motrice costituita da grandi cucchiai di legno di quercia incassati nel ritrecine, una sorta di cilindro verticale; su di esso si innesta l’albero di ferro che giunge alla sala di macinazione, attraversa la macina fissa inferiore chiamata “dormiente” e dà movimento continuo alla macina superiore.
Le due mole che frantumano i chicchi hanno delle incisioni “a raggio di sole” che determinano il funzionamento ottimale con la diminuzione del calore d’attrito e l’agevolazione dell’uscita della farina. Le due ruote del corpo macinante sono di pietra sedimentaria; per evitare la loro rottura vengono rinforzate con cerchi di ferro.
Inizialmente si versa il cereale nella tramoggia, un contenitore a forma di piramide rovesciata posto sopra le macine. Il mugnaio riceve un compenso in natura, consistente in tre chili di farina ed un chilo di crusca per ogni quintale di grano macinato.
MULINO FARFENSE DI PONTE MAGLIO
Nell’VIII secolo i monaci di Farfa, in provincia di Rieti, si trasferiscono in parte nel Comitato Fermano, presso il monastero di S.Ippolito, nell’attuale contrada Ponte Maglio. In quest’ordine monastico sono presenti esperti in agronomia e costruzioni rurali che contribuiscono, in maniera decisiva, allo sviluppo delle attività legate alla terra;per edificare si preferiscono i corsi d’acqua; seguendo il detto: “Benedictus valles amabat”; S. Benedetto aveva indicato, per la costruzione di un edificio religioso del suo ordine, la vicinanza di un fiume o di una sorgente. Conseguentemente i Farfensi danno impulso all’edificazione del Mulino dell’alta valle dell’Aso come polo di riferimento per le attività produttive dell’area; il fiume inoltre fornisce il materiale da costruzione: la pietra e la sabbia. Il toponimo “Ponte Maglio” si riferisce alla presenza di un collegamento viario tra le due sponde del fiume Aso risalente all’età medievale e dall’impiego, nella struttura modinatoria, di una macchina per la lavorazione a caldo del rame, detta “maglio”.
STRUTTURA ARCHITETTONICA
Ubicato sulla riva destra dell’Aso ha una semplice pianta rettangolare con paramenti in pietra locale e rappezzature in mattoni. A piano terra è posta la sala di macinazione, con volta a botte a sesto acuto; nei due piani superiori si dispongono i vani abitativi. La presenza di spesse mura di oltre un metro e di una feritoia non rivelano l’antica presenza di un “molendium munitum”, un mulino fortificato. Nel versante meridionale, rimasto intatto, vicino al portale d’ingresso, si evidenzia una iscrizione su pietra calcarea, con caratteri gotici, la probabile data di edificazione “MCCCLXXXXII”, 1392. Sino ad un recente passato è presente la gualchiera o folla, una macchina per ammorbidire i ruvidi tessuti di canapa. L’impianto dal 1822 è di proprietà della famiglia Rastelli che lo elettrificano negli anni ’50 del Novecento, conservando l’antico sistema di macinazione ad acqua.
FONTE DEL LATTE
Sacralità dell’acqua nella cultura occidentale
L’acqua è un elemento primordiale, da cui deriva ogni forma di vita e, come il liquido amniotico, detto “acque materne”, si configura sostanza originaria con attributi universali. Fin dalle origini il bere rappresenta un bisogno fondamentale per la sopravvivenza fisica di uomini e di animali, la cui sussistenza è legata alle fonti alle quali dissetarsi. Gli stanziamenti primordiali sorgono in prossimità di sorgenti, fiumi e laghi, ambienti nei quali hanno origine i miti e, con il progredire della civiltà, le divinità distintive li personificano, forniscono protezione e donano i frutti della terra.
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